Pescocostanzo: il delizioso borgo fiorito nel Parco Nazionale della Maiella

Il borgo di Pescocostanzo è inserito tra i Borghi più belli di Italia. E non poteva essere altrimenti.

Un gioiello d’Abruzzo

Se volessimo individuare i punti d’interesse, sarebbe più giusto dire che il paesino è tutto interessante perché è un piacere passeggiare fin dall’arrivo. Salendo via Ottavio Colecchi, che porta al cuore del centro storico, si vedono una dopo l’altra quelle che un tempo erano le antiche botteghe di artigianato locale, dove si lavorava il ferro, si intagliava il legno ma soprattutto si realizzava il merletto a tombolo.

Il merletto a tombolo, un’antica tecnica di cucito

Si tratta di una tecnica usata in diverse parti d’Italia che usa come strumento di filatura il tombolo, un cilindro morbido d’appoggio (da qui il nome ‘tombolo’). Se si è fortunati, si riesce ad incontrare lungo le strade del paesino donne vestite in maniera tradizionale che sfoggiano elaborati merletti di produzione locale.

La visita al centro storico

Giunti nel centro si incontrano le due piazze principali. Nella prima c’è la Basilica di Santa Maria del Colle, in posizione sopraelevata. Una chiesa del XI secolo più volte rimaneggiata, oggi di stampo barocco con splendidi affreschi e un pregevole soffitto ligneo a cassettone. Particolarità è che l’ingresso principale è attraverso una navata laterale a cui si accede tramite una scenografica scalinata. La vista del borgo dalla cima della scalinata è spettacolare. Accanto alla basilica, con accesso sempre dalla scalinata c’è un’altra chiesa, dedicata a Santa Maria del Suffragio ai morti, dove il tema dei teschi è dominante: una chiesa cinquecentesca arricchita di decorazioni seicentesche di gusto barocco.

Si prosegue verso la triangolare piazza del Municipio con la fontana al centro. Dominano lo spazio il palazzo del Municipio con la Torre dell’orologio e Palazzo Fanzago oggi sede del museo del Merletto e del tombolo. Il Palazzo, costruito dal famoso architetto bergamasco Cosimo Fanzago, non presenta finestre perché, entro la soppressione del 1866, ospitò un convento di suore di clausura quindi le nicchie presenti sono solo decorative. Dalla piazza si diramano diverse strade: se si prosegue per via Roma, si incontrano le scale che conducono ad una piccola altura dove sorge la chiesetta di sant’Antonio Abate, e dove si può ammirare una bella vista sul borgo e sul paesaggio circostante. Io consiglio, tuttavia, di non limitarsi al centro ma di addentrarsi nelle stradine limitrofe decorate con splendide balconate ricche di fiori. L’attrattiva principale del borgo sono indubbiamente i palazzi con le scale e i balconi fioriti, davvero caratteristici e super colorati.

Ogni anno soprattutto in estate, la Municipalità organizza diversi eventi per tutto il mese di agosto che si svolgono nella piazza principale o presso il cortile di Palazzo Fanzago che si affaccia sulla piazza. Per le famiglie con bambini in particolare, vicino Pescocostanzo, si trova il Bosco di Sant’Antonio, una riserva naturale di faggi secolari, un luogo tranquillo, ideale per passeggiate a piedi e a cavallo, picnic e trekking.

Una location privilegiata

Il Borgo di Pescocostanzo si trova in provincia dell’Aquila nel cosiddetto Altro Sangro, è ad un altitudine di circa 1400 metri sul livello del mare. Parcheggiare è abbastanza semplice perché prima di giungere in centro storico, rigorosamente pedonale, c’è una comoda Area parcheggio con strisce blu a pagamento che proseguono anche intorno alla Villa Comunale. Se si è fortunati si trova posto gratuitamente anche nella strada superato il parcheggio.

In piazza ci si può fermare per rilassarsi con un aperitivo in uno dei numerosi bar presenti oppure gustare un ottimo gelato artigianale al American Bar. Tra i ristornti presenti posso consigliare, perchè provato personalmente ed assolutamente promosso, il Ristorante La Terrazza, che ha una sala superiore al chiuso ed una terrazza dove si scorge una vista invidiabile. In giro ci sono comunque tanti ristoranti, pub e bar dove poter mangiare. Il consiglio è sempre prenotare con anticipo.

Personalmente non ho alloggiato a Pescocostanzo, ma ho trovato diverse soluzioni, di vario genere e per tutte le tasche: come l’Hotel Le due Torri, molto elegante, nei pressi della basilica, così come tanti b&b, ma ho notato che la soluzione più gettonata è l’affitto di appartamenti per vacanze che trovo anche un’alternativa carina perchè le case sono davvero deliziose. Io ho soggiornato a Castel di Sangro che dista circa 20 minuti. Lo consiglio caldamente perchè si tratta di un paesino ben attrezzato con ogni tipo di attività commerciale, un buon punto di partenza per la visita della zona circostante e con un programma ricco di attività per le famiglie nel mese di agosto.

Una visita da non perdere!

La visita al borgo di Pescocostanzo impiega circa 2/3 ore, al massimo una mezza giornata se ci si trattiene a mangiare quindi può essere associata all’esplorazione di altri borghi posti nelle immediate vicinanze, in particolar modo Rivisondoli, Pettorano sul Gizio, Scontrone o Castel di Sangro, tutti distanti non più di una mezz’ora ed assolutamente da non perdere, nonché, di inverno, vicino alle stazioni sciistiche più rinomate come Aremogna e Roccaraso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mostra di Luca Giordano: il pittore internazionale al museo di Capodimonte

Il museo di Capodimonte, come già approfondito, è da qualche anno teatro di mostre straordinarie, spesso in collaborazione con grandi musei del mondo e con la partecipazione di illustri personaggi nell’ambito dell’arte e della cultura. Talvolta anche nello stesso periodo, viene presentato al pubblico un ventaglio di eventi, correlato spesso da un programma fatto di concerti, conferenze, attività, che consente al visitatore una visione sempre nuova, così da stuzzicare la voglia di tornare al museo, pur essendoci stati tante volte. 

Alla riapertura dopo la seconda interruzione forzata dovuta all’emergenza sanitaria, a partire dal novembre 2020, la sorpresa è stata poter ritrovare tutte le mostre che erano presenti al momento della chiusura, prorogate fino al 11 aprile 2021. Compresa quella dedicata al pittore Luca Giordano. Quante peripezie che ha dovuto subire eppure eccola qui, ancora a disposizione di tutti quanti volessero vederla.

La mostra era stata annunciata come un evento internazionale, che vedeva un concorso di idee tra Sylvain Bellenger, direttore del Museo e Real Bosco di Capodimonte e Christophe Leribault, direttore del Petit Palais di Parigi, dove tra il 14 novembre 2019 al 23 febbraio 2020 è avvenuta l’esposizione Luca Giordano. Le triomphe de la peinture napolitaine, associata all’altra mostra sullo scultore Vincenzo Gemito, terminata lo scorso autunno. Purtroppo la mostra ha subito un primo slittamento a causa del primo lockdown a marzo 2020. Inaugurata il successivo ottobre, è stata nuovamente sospesa poco dopo ed ora finalmente si può tornare a goderne. La mostra è allestita negli ambienti della sala Causa, che lo scorso anno aveva ospitato un’altra grande esposizione, quella su Caravaggio, e fu risistemata proprio per quella occasione.

Il percorso si articola tra dipinti e disegni del pittore. Viene presentata la sua formazione, l’ascesa e la gloria. Luca fu apprezzato dai suoi contemporanei, non solo a Napoli ma ottenne commissioni anche a Firenze (la galleria di Palazzo Medici Riccardi) e soprattutto a Madrid, dove rimase per ben dieci anni a fine ‘600, disseminando dipinti e affreschi. Non da meno Napoli che conserva opere di Giordano praticamente in ogni chiesa. A conclusione del percorso di visita, si trova anche un’installazione multimediale interattiva per visionare alcuni dei luoghi e delle opere affrescate dall’artista a Napoli e Madrid. 

Nella sua lunga vita e carriera (morì a Napoli nel 1705 a 70 anni), Luca Giordano ha realizzato migliaia di opere, pochi artisti possono considerarsi così prolifici. La sua era una vera attività, oggi diremmo, imprenditoriale, con assistenti, collaboratori, che lo aiutavano a soddisfare tutte le sue commissioni. Ma ciò che lo favoriva, era la straordinaria capacità di operare in tempi ridottissimi, assolvendo anche alla più estesa commessa, come ad esempio i cicli di affreschi, in tempi rapidi, pur consegnando capolavori assoluti. Ciò gli conferì il soprannome di Luca fa ambress, cioè fa presto. Una capacità probabilmente acquisita quando da giovane lavorava nella bottega del padre che, modesto pittore e mercante d’arte, lo spronava a finire in fretta un lavoro per passare ad altro. Questa diventò la sua firma, il suo marchio.

In mostra potrete ammirare opere provenienti da chiese napoletane, alcune già esposte nel museo di Capodimonte, nonché altre prestate da musei stranieri, come appunto esemplari del periodo spagnolo tipo l’Assunzione della Vergine dal museo del Prado, ed ancora opere di artisti contemporanei e non, messe a confronto per scorgerne influenze e rimandi. Si affronta il discorso della rinuncia allo stile diffuso dalla pittura di Caravaggio affiancando dipinti dello stesso tema di artisti che invece accolsero appieno la sua lezione come Mattia Preti e Jusepe de Ribera. Il dialogo con Pietro da Cortona per quanto riguarda il virtuosismo barocco di Giordano.

L’allestimento è pensato come un salotto aristocratico seicentesco. Il colore rosso scuro delle pareti è pensato per valorizzare le opere. Tuttavia, la scelta di allestire in sala Causa, con un’illuminazione ridotta e suggestiva, se andava bene per la natura oscura di Caravaggio, poco si presta secondo me alle opere di Giordano, in alcuni casi addirittura le penalizza, ostacolando una visione omogenea.

La sala Causa è esterna rispetto all’entrata principale del museo. Dopo aver regolarmente acquistato il biglietto (la mostra è inclusa nell’ingresso), bisogna uscire in cortile e, superato il bar, si trova l’accesso.

Se non avete mai sentito parlare di Luca Giordano prima d’ora, è l’occasione giusta per conoscere un artista “internazionale”, uno sguardo a 360° sulla pittura napoletana del ‘600 e poi partite a caccia delle sue opere sparse per la città. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Napoli: un paradiso abitato da giovani (di talento)

L’affermazione ‘Napoli è un paradiso abitato da diavoli‘ circola da secoli e tanti letterati l’hanno riproposta come immagine per giudicare la natura incivile, spesso rozza del popolo nel corso della sua storia. Oggi, recuperando questa definizione, potrei dire ‘Napoli è un paradiso abitato da giovani’, giovani di talento, volenterosi e che spesso hanno il coraggio di intraprendere battaglie non sempre facili per amore della propria città.

È impossibile fare una stima, visto che in città ci sono all’incirca 500 chiese, ma varie indagini ipotizzano che di queste moltissime sono chiuse, un numero intorno a 200, abbandonate, fatiscenti, depredate, dimenticate. Molte stanno così dal terremoto del 1980, che creò tali danni strutturali da risultare inagibili. Poche hanno avuto la fortuna di ricevere sostegno economico, pubblico o privato, per il restauro. Negli ultimi anni però qualcosa si è mosso. Grazie alla tenacia e alla buona volontà di tanti giovani napoletani, numerose chiese e luoghi sono stati riportati al loro antico splendore ed ora sono nuova attrattiva in città.

I primi furono, nel 2006, i ragazzi del quartiere Sanità, consapevoli delle difficoltà insite nel territorio ma convinti di poter cambiare le cose, partendo dal bello, dal quartiere stesso, che conserva una parte fondamentale di storia della città di Napoli, e che tale quartiere avesse il potenziale per diventare uno dei punti di forza nell’offerta turistica napoletana. E così è stato: nacque la cooperativa sociale La Paranza che oggi dà lavoro, con contratti a tempo indeterminato, coinvolgendo ragazzi originari della zona, spesso destinati ad un corso diverso, e a chi abbraccia con entusiasmo la loro missione. Forza trainante sono proprio loro, i ragazzi, che al di là della loro formazione accademica, si sentono figli di Napoli e desiderano che la città venga ricordata per la sua bellezza, la sua storia e i sorrisi regalati. Grazie a loro possiamo ammirare tutto lo splendore delle Catacombe di Napoli, a lungo abbandonate, e possiamo guardare con occhi diversi un quartiere che è chiamato Sanità perché un tempo era tra i più salubri ma che oggi troppo spesso è sinonimo di ben altro.

Da questo esempio sono nate in città tante realtà analoghe. Una storia simile è quella di Manallart, un’associazione di promozione sociale nata nel 2016 che ha intrapreso un lavoro di riqualificazione del quartiere Forcella, a partire dal complesso della Real Casa dell’Annunziata, dove ancora oggi è possibile ammirare la Ruota degli esposti, che accoglieva i neonati abbandonati. La zona, a ridosso del centro storico, è ancora in attesa di un piano che risolva i gravi danni causati dal terremoto del 1980, ben 40 anni dopo. Un quartiere che non merita la reputazione che sovente la investe, dovuta a terribili episodi accaduti qualche anno fa. Era tra le amministrazioni cittadine (chiamate sedili o seggi) più antiche di Napoli, risalente al XII secolo, e lo scopo di questa associazione è proprio recuperare questo splendore sommerso attraverso percorsi favoriti dalla creazione di un’app, per ora sperimentale, chiamata NTL, nonché iniziative di turismo sostenibile come Fa.Re. Comunità, allo scopo di creare una cittadinanza attiva e coinvolta nelle attività del quartiere.

Il bello è essere accomunati dallo stesso scopo e il filo conduttore resta l’amore verso il proprio territorio. Perciò alcune associazioni decidono di sostenersi e creare una rete in cui cooperare.

Ecco che nascono progetti come la Fabbrica della cultura, che vede riunite le associazioni Manallart e Respiriamo Arte, a cui si aggiunge Napulitanata, un gruppo di giovani musicisti appassionati che hanno deciso di valorizzare la Canzone Napoletana Classica per riportarla in auge come un tempo, e l’associazione VerginiSanità che si occupa della riqualificazione del contesto urbano di un altro quartiere storico, il Borgo dei Vergini, a ridosso del Rione Sanità.

Questi giovani si sono inventati custodi del nostro patrimonio culturale, materiale ed immateriale, perché hanno voluto rimboccarsi le maniche e permettere a tutti di godere di bellezze proprie del territorio talvolta dimenticate o sottovalutate. A tal proposito, i ragazzi dell’associazione Respiriamo Arte sono un modello: cinque professionisti con un obiettivo assoluto, restituire alla città un luogo unico, la chiesetta di santa Luciella ai Librai, nei pressi di san Gregorio Armeno che custodisce il culto dei morti ed in particolare la leggenda del teschio con le orecchie.

Uniti fin dal 2013, in primis sono riusciti a riproporre nell’offerta turistica napoletana il complesso dei Santi Filippo e Giacomo dell’arte della seta, una chiesa sotto gli occhi di tutti perché collocata lungo Spaccanapoli, ma dove nessuno entrava perché spesso chiusa visti gli orari strani imposti dalla parrocchia e trincerata dietro la diffidenza visti i numerosi furti subiti in passato. I ragazzi sono riusciti a scavare, talvolta anche letteralmente, nella storia e nel tesoro artistico di questa chiesa, ricreando un percorso che spazia dall’arte all’antropologia che vi consiglio di non perdere. E poi finalmente nel 2019 riapre anche santa Luciella grazie anche ad un contributo economico del Pio Monte della Misericordia, dopo 35 anni di ‘dimenticanza’. Ma non ci si ferma mai perché la cultura ha bisogno di sostegno sempre.

Per saperne di più consiglio di seguire tali iniziative attraverso i social.

Il turismo è fonte di vita per Napoli e per fortuna non mancano giovani di talento pronti a contribuire affinché questa città non solo appaia ma si senta davvero un paradiso in cui turisti e cittadini si sentano appagati e al sicuro. Tanti ancora, infatti, sono i gruppi che intendono davvero fare qualcosa di concreto e che tra mille difficoltà cercano di trovare un angolo da tutelare.

A mio avviso, la cultura è in ottime mani. No, non parlo di nomi in sopra impressione o incisi su targhette dorate. Parlo di persone che scavano, che lottano e che insistono. Sono loro il futuro perché c’è ancora così tanto da salvare, da riscoprire.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Museo di Capodimonte: un tesoro in mostra nella cornice del bosco storico

Re Carlo di Borbone ci aveva visto giusto. Era diventato Re di Napoli solo da qualche anno e già aveva grandi prospettive per la città che doveva tornare a splendere come una vera capitale per fare invidia ad altre città in tutta Europa. Figlio del re di Spagna Filippo V e della sua seconda moglie Elisabetta Farnese, Carlo non aveva grosse speranze di diventare sovrano di un regno importante in quanto figlio di secondo letto. La storia lo smentirà, arrivando ad ottenere il trono paterno del grande Impero spagnolo. Ma in principio infatti fu destinato al ducato di Parma e Piacenza. Poi, a seguito di vari stravolgimenti politici a livello europeo, giunse a sedersi sul trono del regno di Napoli, un avamposto estremamente strategico per la sua posizione al centro del mediterraneo.

Per Napoli fu la fortuna.

Grazie a Carlo e alla dinastia borbonica, la città diventò una capitale ricca e all’avanguardia ed oggi possiamo vantare testimonianze artistiche ed architettoniche tra le più belle al mondo. Una di queste è proprio il museo di Capodimonte, immerso nel verde di un bosco storico, con piante secolari, sistemato per diventare una riserva di caccia, tra le principali passioni del re.

La reggia fu costruita a partire dal 1738 da due architetti, Medrano e Canevari, che in realtà erano più ingegneri militari perciò a vederlo il Palazzo ha forme piuttosto squadrate. L’intenzione di Carlo era quella di creare un luogo che ospitasse la favolosa ed eterogenea collezione d’arte che sua madre gli aveva donato. Elisabetta infatti era membro della potente famiglia romana che contava pontefici, condottieri, mecenati, e che a partire da Alessandro Farnese divenuto papa Paolo III, aveva acquisito opere di diversa epoca e provenienza. I successivi membri della famiglia Borbone e altri sovrani che salirono sul trono napoletano fino agli ultimi reali sabaudi arricchirono la collezione che possiamo ammirare tutt’oggi. Dal 1957 la reggia è una galleria museale e il visitatore moderno si troverà di fronte ad un viaggio nella storia dell’arte dal medioevo ad oggi.

La parte classica della collezione invece è visibile al MANN, il museo archeologico nazionale.

Se siete appassionati d’arte, dovete ritagliarvi una mezza giornata per esplorare da cima a fondo questo museo e, potendo, anche tornare, perché frequentemente vengono proposte mostre imperdibili. Basti pensare agli ultimi anni con Caravaggio, Picasso e l’esposizione di opere di Van Gogh e dell’olandese Vermeer. Nella mia ultima visita ho trovato un nuovo allestimento al primo piano, dove ad accogliere il visitatore c’è la carrellata di dipinti del veneziano Tiziano, per un periodo pittore di famiglia dei Farnese che immortalò l’iniziatore della collezione, Paolo III in un quadro fortemente emblematico. E poi scorrono Masaccio, Raffaello, Michelangelo, Guido Reni, i Carracci, per giungere in fondo all’appartamento reale, una ricostruzione che racconta le vicende dei Borbone e del regno di Napoli fino all’unità d’Italia. Difatti non molto è rimasto dell’arredo. La zona che più propriamente aveva funzione abitativa soprattutto in epoca francese, è l’Ottocento privato ma è visitabile solo in rare occasioni.

Attualmente, e fino ad aprile 2021, gli Appartamenti sono occupati dalla mostra Napoli Napoli. Di lava, porcellana e musica, che consiglio di vedere anche solo per visitare sale incredibili come il Salottino di porcellana, il Salone da ballo e la Sala della culla.

Poi su per lo scalone e si giunge al secondo piano, detta Galleria delle arti a Napoli dove hanno trovato posto opere provenienti dal territorio, musealizzate perché in pericolo di conservazione o originariamente in luoghi chiusi o non più esistenti. Si cammina nell’arte a Napoli dal XIII secolo al contemporaneo ed ovviamente non posso non fermarmi ad ammirare una delle mie opere preferite, la Flagellazione di Caravaggio, e i caravaggeschi a seguire. La sezione contemporanea è di tutto rispetto, conta nomi come Burri, Paladino e naturalmente un’opera nata per Napoli, cioè Vesuvius di Andy Warhol. Se si ha la fortuna di trovarla aperta, io suggerirei anche una capatina alla sezione ottocentesca e alla galleria fotografica di Mimmo Jodice. Quantificare il tempo di visita è difficile, dipende dalla scelta di visitare le mostre eventualmente presenti.

Usciti dal museo di Capodimonte vi sentirete più ricchi, nella mente e nello spirito e se proprio la visita vi ha provato e siete stanchi, il mio consiglio è di rilassarvi seduti su una panchina del bosco, magari nel giardino del Belvedere, dove vi attende la scenografica fontana e la veduta verso il mare è spettacolare.

Il museo è visitabile tutti i giorni tranne il mercoledì dalle 8.30 alle 19.30 e il biglietto costa 10€ (incluse le mostre in corso) con le classiche riduzioni dei musei statali. L’ingresso al parco è possibile dalle tre porte principali, Porta Piccola, Porta Grande e Porta Miano. Per raggiungere il museo, le prime due sono più comode. Unico mezzo pubblico utilizzabile, se si esclude il taxi, è il bus. Dal 12 settembre 2020 è attiva la nuova linea detta dei 3 musei, la 3M, che da piazza Museo, davanti al Museo archeologico nazionale, con un semplice biglietto di corsa singola, porta verso la zona di Capodimonte, con unica sosta intermedia all’altezza delle Catacombe di San Gennaro. Alternativa è lo Shuttle city-sightseeing, il bus turistico, una navetta diretta che al costo di 8€ collega il museo con la zona di piazza del Plebiscito e prevede sconti sul biglietto di ingresso al museo.

Scegliere di includere o meno la visita al museo durante un soggiorno in città dipende dai gusti e dal tempo a disposizione visto che necessita di almeno una mezza giornata. Ciò che posso dire è che di certo, non rimarrete delusi ed anche i bambini ameranno passeggiare nell’immensità del bosco. Se poi voleste coinvolgerli nella visita al museo, potrete scegliere tra i tanti laboratori per famiglie organizzati dai Servizi educativi.

Se invece siete di Napoli (o avete la possibilità di venirci spesso) e non avete mai visitato il Museo di Capodimonte, caspita, cosa state aspettando!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Mangiare a Napoli: la difficoltà sarà smettere

È mio dovere avvertirvi, viaggiatori, che dopo essere stati a Napoli, è inevitabile tornare a casa con qualche chilo di troppo.

Siete preparati?

Mangiare a Napoli è gioia, è soddisfazione. Se non hai fame, a Napoli ti viene. Il problema dopo è riuscire a smettere. Si parte dai primi: fiondatevi nelle trattorie caratteristiche per gustare una bella pasta patate e provola o uno gnocco alla sorrentina fumante, per non parlare dello scialatiello al profumo di mare. Per i dolci le fermate sono tante, ogni pasticceria vi offrirà una specialità ma babà e sfogliatella non si possono saltare. Ed infine ovviamente il caffè! A che bell’ ‘o cafè dice il Pasquale Cafiero di De André. E magari pagatene due che l’altro resta sospeso.

Lo street food è un’alternativa molto apprezzata visto che permette di mangiare senza attendere un posto a sedere ed ottimizzare i tempi tra una visita e l’altra. Molte pescherie, ultimamente, si sono organizzate di modo da offrire anche un asporto veloce preparato al momento, il cosiddetto ‘cuoppo’.

D’altronde non c’è visita a Napoli senza mangiare la pizza. Ed ecco che scatta il dilemma. 

Dove mangiare la pizza migliore?

Che domanda gettonatissima! Risposta difficile, pensano molti. Assolutamente falso, penso io. La risposta è molto semplice, viaggiatori. Ovunque! Le pizzerie a Napoli non si possono contare, sono ad ogni angolo. In ogni punto della città dove vi troviate, potrete sedervi e gustare questa prelibatezza napoletana. O perché no, a vol a vol, piegata a portafoglio, cioè in quattro parti, da gustare camminando con il sugo che esce da tutte le parti. Se poi non si bada alla linea, la scelta perfetta cade su una magnifica versione fritta con pomodoro e mozzarella filante. La probabilità di sporcarsi in questo caso è davvero molto alta. Ma il bello è anche questo!

La protagonista è la pizza Margherita, nata, come ricorda ancora una lapide, nella storica pizzeria Brandi, a Chiaia. La pizza in sé era già ampiamente conosciuta e veniva servita con pomodoro, origano e aglio, con formaggi o mozzarella e talvolta pesce. Il nome giunse successivamente quando il pizzaiolo di Brandi, Raffaele Esposito la preparò per la regina Margherita di Savoia, consorte del Re Umberto I, in occasione della loro visita nel 1889. Checché ne dicano le tante classifiche internazionali, a mio avviso è impossibile decretare quanto una pizza sia migliore di un’altra, il verdetto è troppo soggettivo ma i fattori di base da tener presente sono ovunque gli stessi: ingredienti del territorio, la cottura è fondamentale, la consistenza della pasta dovuta ad una corretta lievitazione. Tuttavia la maestria dei pizzaioli partenopei è rinomata in tutto il mondo, non si può sbagliare proprio sulla regina Pizza. Perciò prendete i consigli come tali, a partire dai miei qui a seguire. 

Allora come scegliere una pizzeria piuttosto che un’altra?

Il mio consiglio è gettarsi, seguire l’istinto, certo, capisco che un’offerta così ampia necessita di suggerimenti da chi ha già provato ma, vi dico, la fila interminabile e gli infiniti tempi d’attesa all’esterno non sono sempre e per forza indici di eccellenza ma spesso sono il risultato di una buona politica di marketing e tanta, tanta tradizione. Io, quando provo una pizzeria per la prima volta, ho l’abitudine di ordinare rigorosamente una margherita, perché trovo che sia il modo migliore per valutarne la qualità e il gusto. Se la prova è positiva, sarà poi piacevole tornare per assaggiare le altre specialità. Molto spesso infatti ogni pizzeria, accanto all’offerta classica, offre delle varianti o invenzioni esclusive. Se vi interessa, posso confessare quella che in assoluto preferisco tra le tante assaggiate in città: la vincitrice della mia personale classifica è la pizza della pizzeria Starita, un locale storico nel rione Materdei. L’apoteosi è poi concludere il pasto con un bel piatto di zeppole fritte, i famosi Angioletti, ricoperte di Nutella. Una goduria celestiale.

A Napoli la difficoltà non è trovare la pizza migliore, ma saperle resistere. Così come sarà arduo resistere a tutto il resto.

Quindi preparate gli stomachi ed anche le scarpe perché dovrete camminare assai per smaltire le abbuffate.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

San Gregorio Armeno: 200 metri di meraviglia tra presepi, santi e tesori nascosti

Un collegamento tra decumani, 200 metri di strada in cui si susseguono arte, tradizioni, storia. San Gregorio Armeno è conosciuta in tutto il mondo come la via dei presepi. In effetti passeggiando qui ogni giorno dell’anno è possibile vedere, una accanto all’altra, botteghe che espongono pastori e scenografie ma è a Natale che la strada diventa il crocevia di quanti visitano Napoli da novembre fino all’Epifania, tanto da rendere praticamente impossibile il passaggio.

La tradizione presepiale napoletana ha origini antichissime ma trova la sua identità migliore nel ‘700 quando non si limita ad essere solo espressione religiosa ma uno specchio fortemente realistico della vita quotidiana popolare. In passato gli artigiani di San Gregorio erano soliti immortalare eventi significativi nelle loro scene e realizzare le figure di personaggi famosi e stravaganti che giungevano in città, come accadde per la venuta dei Turchi.

Oggi succede lo stesso

Basta camminare lungo la strada e si troveranno esposte statuine più o meno grandi di personaggi d’attualità, dallo spettacolo allo sport alla politica. Divertitevi a riconoscere i personaggi raffigurati, ne troverete sempre di nuovi, alcuni anche con specifici riferimenti alla più recente cronaca quotidiana. È suggestivo pensare che la tradizione dell’artigianato presepiale risalga addirittura all’epoca romana, quando in questa zona sorgevano i templi intorno all’area più importante della città, l’agorà, i cui resti sono visibili negli scavi sotto la basilica trecentesca di San Lorenzo. Laddove oggi sorge il magnifico complesso monastico di San Gregorio, tra i più antichi in città, in epoca romana vi era un tempio dedicato alla dea Demetra, o Cerere, la Madre Terra, a cui era tradizione portare delle statuine di terracotta per ringraziarla. Nulla è rimasto di quel tempio ma una piccola testimonianza si nasconde tra le casette e i pastori, ovvero un bassorilievo che raffigura una Canefora, cioè una sacerdotessa di Demetra che reca una fiaccola e un cesto di offerte per la dea. Demetra è strettamente legata a Napoli perché la leggenda racconta che la dea avesse punito le ancelle che erano con sua figlia Persefone, al momento del suo rapimento attuato dal dio Ade. Ree di non averla protetta, le trasformò in sirene, creature mostruose, capaci di volare e nuotare, per cercare Persefone ovunque. Una di queste sirene era Partenope, la sirena che i napoletani da sempre venerano e che li identifica in tutto il mondo.

Capirete che visitare questa strada non è solo scattare foto e via.

Scoprirete tantissimo in pochi metri: infilatevi nei cortili per vedere le esposizioni permanenti e quanti altri gioielli da rivelare. Non dimenticate di entrare nella chiesa che dà il nome alla strada: scostate le tende e resterete abbagliati dall’impianto barocco che ha coperto la struttura originaria. Alzate gli occhi e tra le grate potreste vedere l’ombra di qualche suora di passaggio, infatti è sede di un convento di Crocifisse. Solo qualche metro più in là, nella prima parte della strada, l’ingresso al chiostro, tra i più bei gioielli nascosti da svelare. Ma ricordate di arrivare prima delle 12 (le 13 nel weekend). Visitare il complesso è d’obbligo se si vuole conoscere un’altra curiosità di Napoli: il convento, infatti, conserva diverse reliquie di santi ma soprattutto di santa Patrizia, compatrona della città, che tutti i martedì realizza il miracolo dello scioglimento del sangue, oltre al 25 agosto, giorno in cui viene celebrata, diversamente da San Gennaro che offre il prodigio solo tre volte l’anno.

Iconico è il campanile che si pone come cavalcavia tra quelle che erano un tempo due distinti complessi conventuali. E per finire, all’incrocio con Spaccanapoli, il complesso formato da due chiese ad oggi comunicanti, la chiesetta di san Biagio e quella di San Gennaro all’olmo. Qui di fronte la presunta casa natale di San Gennaro: un’effige sulla chiave di volta del portone ed una lapide all’interno del cortile indicano quello come il luogo che diede i natali al vescovo, in contenzioso con Benevento che li rivendica.

Ecco qui, tutto in 200 metri.

Quanto di Napoli vi avrà raccontato questa strada? Quante foto avrete scattato? Un consiglio: a Natale, certo, l’atmosfera è magica tuttavia, per goderne a pieno, visitatela in un altro periodo. Ma ricordate che le botteghe di via San Gregorio Armeno non sono solo un’esposizione goliardica ma altresì attività commerciali vere e proprie quindi oltre ad immortalare il vostro personaggio preferito pensate anche di comprare una bella statuina, un gadget o un presepe che potrete orgogliosamente esporre a casa per ricordare quanto vi ha catturato quella passeggiata di 200 metri.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Card turistiche in Campania: quando e a chi convengono

Una delle domande che mi rivolgono spesso come operatrice culturale riguarda l’utilizzo delle carte turistiche. I visitatori si chiedono se esista in Campania una carta che consenta di accedere a tutti i siti, come un abbonamento. In giro per l’Europa ho utilizzato card davvero valide, così anche in Italia, come a Firenze e Verona. A Napoli questo non è ad oggi possibile: l’offerta turistica in città e in generale nella regione è così vasta e diversificata che non è possibile creare una carta turistica che permetta l’accesso gratuito a tutte le attrazioni. Tantissimi infatti sono i siti gestiti privatamente o quelli che hanno deciso di concedere solo ingressi a tariffa ridotta. Esistono diverse tipologie di carte turistiche utilizzabili in Campania. Con questo articolo spero di fugare qualche dubbio e guidare all’acquisto della card perché più volte ho notato che molti la scelgono senza conoscerne il corretto uso. 

Conviene davvero a tutti?  

La più famosa e diffusa è sicuramente la Campania Artecard. Questa carta si presenta in diverse versioni, in base a validità e luoghi di visita. La card è distribuita nella versione 3 o 7 giorni, per visitare la sola città di Napoli oppure l’intero territorio regionale. I costi cambiano in virtù della tipologia di pass. A seconda della scelta, gli ingressi gratuiti sono SOLO ai primi 2, 3 o 5 siti a scelta del visitatore, tra i luoghi che accettano la gratuità della card. Perché non è così per tutti! Per l’elenco completo consiglio di visitare il sito ufficiale. Finiti gli ingressi gratuiti, il visitatore potrà continuare ad usare la card usufruendo dello sconto del 50%. Per tutti i luoghi che non hanno accettato di concedere la gratuità, che si tratti del primo o del decimo ingresso, il sito erogherà sempre e comunque un biglietto ridotto. Un aspetto positivo è che sia incluso il trasporto pubblico locale (metro, bus, funicolari) ma solo per il pass con validità 3 giorni, sia nella versione Napoli che Campania. L’artecard della durata di 3 giorni esiste anche nella versione giovani 18/25 anni mentre i ragazzi al di sotto dei 18 anni nei maggiori siti entrano gratuitamente. Tuttavia bisogna ricordare che nei musei statali, la fascia di età 18/25 anni beneficia di un biglietto simbolico di €2, informazione assolutamente da valutare prima dell’acquisto. La card valida 7 giorni invece non presenta la differenziazione per i giovani ma esiste in un’unica versione che consente la visita a tutta la regione. Infine c’è l’abbonamento 365 giorni con la possibilità di visitare due volte in un anno tutti i siti che in elenco concedono la gratuità, con regole invariate per i siti ad ingresso ridotto e trasporto escluso. Le card senza trasporto incluso (Campania 7 giorni e 365) sono completamente digitali mentre le card con trasporto incluso si possono acquistare esclusivamente presso gli artecard point.

Un’alternativa alla Campania Artecard è il Naples pass, o la sua versione più recente, la Naples pass city, che, con validità 3 giorni solo Napoli o 7 giorni per visitare l’intero territorio regionale, offre ingressi gratuiti in molti luoghi importanti della città come i musei di Capodimonte, Archeologico, Palazzo Reale, ingressi con 50% di sconto e agevolazioni per attività e servizi. Un’ottima soluzione se si pensa che la versione da 7 giorni include la stessa Artecard così da poter beneficiare dei vantaggi di entrambi gli abbonamenti. Il Naples pass si acquista sul sito ufficiale.

Aspetto importante da tenere in considerazione è il tempo effettivo in cui poter usare i pass. Che sia per l’accesso ad un sito o per usufruire di un servizio, la validità delle card parte dal primo utilizzo e termina alla mezzanotte del giorno di scadenza. Quindi tiene conto dei giorni non delle ore di utilizzo. Perciò se ad esempio viene usato anche solo per una volta nella serata del primo giorno, questo è conteggiato e risulta bruciato. Il prezzo di questi pass non è irrisorio quindi il consiglio è di valutare in dettaglio quanto effettivamente si vuole vedere. La convenienza matura nel momento in cui si ammortizza la spesa iniziale della card. Inoltre è importante ricordare che non si tratta di saltafila ed in molti luoghi è necessario prenotare l’ingresso. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Raffaello 1520-1483 - Roma

Raffaello 1520-1483 – Roma

Doveva essere l’evento clou tra le iniziative che celebravano i 500 anni dalla morte, invece la Mostra ‘Raffaello 1520-1483’ non è stata neppure inaugurata il 5 marzo scorso che la pandemia di covid 19 e il successivo provvedimento governativo di lockdown ha costretto alla chiusura degli spazi e le opere sono rimaste al buio per tre mesi.

Il 2 giugno, in principio indicato come giorno finale della mostra, l’esposizione è stata riaperta, con felicità di quanti, me compresa, speravano di non perdere questa irreperibile opportunità di poter vedere tutte queste opere, da musei pubblici e collezioni private, del maestro di Urbino tutte insieme come mai prima.

Partiamo dal giudizio: spettacolo!

mostra raffaello - roma

Originale ed azzeccato è secondo me il criterio narrativo al contrario: si parte infatti dalla morte del pittore, avvenuta il 6 aprile 1520, stesso giorno della sua nascita, a soli 37 anni, per poi proseguire a ritroso, dall’apice del successo agli anni giovanili passando attraverso prodotti di genialità impareggiabili, disegni, progetti, per essere infine congedati dall’autoritratto proveniente dagli Uffizi di Firenze, realizzato quando il pittore aveva circa 20 anni. Oltre ai dipinti famosissimi come la Fornarina e la Velata, ci sono delle vere chicche come la lettera scritta insieme all’amico fraterno Baldassarre Castiglione che per noi storici dell’arte è un pilastro fondamentale in quanto punto di partenza della moderna concezione di tutela e conservazione dei monumenti. 

Il Coronavirus ha purtroppo complicato le modalità di visita ma è un piccolo sacrificio per godere di una parvenza di normalità.

Dopo le ormai consuete procedure di controllo della temperatura e mascherina indossata come da disposizioni, si entra accompagnati da un inserviente a piccoli gruppi di massimo 10 persone e la permanenza nelle sale è di soli 5 minuti scanditi da un ‘simpatico’ campanello. Lo so, detto così il tempo sembra davvero poco tuttavia il piccolo gruppo si disperde nella sala e ciò permette di ammirare le opere con calma una alla volta. In tempi normali non era sempre possibile, con le folle che talvolta danno anche fastidio. Certo, talune sale avrebbero bisogno di più attenzione ma basta arrivare preparati.

Io infatti, e lo consiglio assolutamente, ho scaricato l’app delle Scuderie del Quirinale (per ovvie ragioni è sospeso il servizio di audioguide). Armati di cuffiette (solo auricolari personali quindi non dimenticateli!) si è completamente immersi nella dimensione opera – osservatore mentre la voce narrante accompagna sala dopo sala. La visita dura circa 80 minuti e non è possibile ritornare indietro sul percorso obbligato perciò sfruttate tutto il tempo a disposizione per ogni singola opera. Il biglietto è un pó alto, 17.50€, mediamente di più rispetto ad altre mostre viste alle Scuderie ma controllando il sito ci sono tante categorie di riduzione. 

Le Scuderie del Quirinale sono facilmente raggiungibili dalla stazione Termini a piedi in circa 20 minuti o con i bus che partono dal piazzale antistante la stazione ed un breve percorso pedonale. Nelle vicinanze c’è anche un parcheggio convenzionato e un utile servizio dogsitter @bauadvisor per non lasciare l’amico peloso a casa. 

C’è possibilità di vedere la mostra fino al 31 agosto ma vi consiglio di correre a dare un’occhiata al sito per controllare le pochissime disponibilità rimaste. Utilissimo, per chi può, l’orario serale, fino alle 23:00 durante la settimana e fino all’una di notte il venerdì e sabato. Tenete d’occhio sito e social perché è in arrivo un prolungamento di orari previsto nell’ultima settimana di mostra, per consentire a più persone di regalarsi un’ora e mezza di pura bellezza. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Napoli: come arrivare e muoversi in città

Napoli: come arrivare e muoversi in città

Qualsiasi sia il mezzo di trasporto che sceglierete, muoversi in città è molto semplice giacché i collegamenti sono comodi sia verso il centro che in periferia. In quanto alla frequenza armatevi di molta pazienza, purtroppo le corse non sono frequenti come dovrebbero.

Sicuramente il modo più comodo per arrivare a Napoli è il treno. Da molte città italiane esistono collegamenti veloci a costi davvero irrisori, da prendere in considerazione per programmi dell’ultimo minuto. 

Soluzione economica ma ovviamente più lenta è il bus: molte compagnie private effettuano collegamenti da e per Napoli, la maggior parte con terminale presso il Metropark, l’area parking accanto alla stazione, da dove poi poter prendere il mezzo pubblico più congeniale.

Arrivare alla stazione di Napoli Piazza Garibaldi vuol dire essere nel cuore della città ed avere tutti i mezzi pubblici a portata di mano. 

Qui troverete infatti i capolinea sia della metropolitana linea 1, o detta collinare perché collega la parte alta della città, sia della linea 2 che porta verso il lungomare e Mergellina, nonché delle linee bus che collegano con il centro storico, il porto e le zone più distanti.

La metropolitana permette anche di raggiungere le tre funicolari presenti in città dislocate in luoghi diversi che conducono alla zona collinare del Vomero e alla parte alta della città in un tragitto da scorci mozzafiato.

Alternativa alla metro possono essere gli autobus di linea o anche il taxi: all’uscita, nel piazzale antistante la stazione, troverete entrambi gli stazionamenti. I titoli di viaggio possono essere acquistati dai tabacchi o all’interno della stazione: un biglietto corsa singola, utilizzabile su metro 1, funicolari e autobus costa 1.10 mentre il biglietto metro 2, gestita da Trenitalia, costa 1.30€. Esiste un biglietto integrato (TIC) al costo di 1.60€ della durata di 90 minuti per viaggiare su mezzi di aziende diverse. 

Se poi pensate di usufruire molto dei mezzi pubblici potete pensare di usare un abbonamento, giornaliero o settimanale, valido sul solo territorio urbano, con differenze di costo se scelto in versione TIC. 

Per quanto riguarda i taxi, i costi variano a seconda del tragitto. In molti casi hanno delle tariffe fisse per i maggiori punti di interesse. 

Ovviamente rispetto alla linea metropolitana, il viaggio su gomma è condizionato dal traffico cittadino che potrebbe dilungare i tempi di percorrenza. 

Se invece arrivate in aereo, l’aeroporto di Capodichino al momento, in attesa della stazione metropolitana in costruzione, è collegato con il centro città solo da una linea di autobus dell’azienda locale ANM chiamata Alibus che parte ogni 20/30 minuti da una fermata a 100 metri dall’uscita ‘Arrivi’ ed ha un costo di €5 a corsa per tutti indipendentemente dall’età, a partire dai 6 anni. L’alibus effettua solamente tre fermate: la prima a Piazza Garibaldi – stazione Napoli Centrale, la seconda al porto, lato imbarco aliscafi, infine al molo Beverello, dove attraccano traghetti e navi da crociera. Il biglietto dell’Alibus dura 90 minuti e consente di prendere a seguire anche un mezzo di trasporto pubblico utile a raggiungere la propria destinazione, a patto che sia gestione ANM, quindi Linea metro 2 esclusa. È possibile acquistare i biglietti a bordo senza maggiorazione, tramite app Gesac (che non consiglio perché lenta e pesante) oppure on line sul sito ANM. Mediamente dall’aeroporto al centro ci vogliono circa 15/20 minuti.

Personalmente non consiglio di venire in città in auto perché Napoli è una città molto caotica, è davvero un peccato perdere il tempo nel traffico o cercando parcheggio. Se proprio non potete farne a meno ricordate che diverse zone sono ZTL, cioè limitate al transito dei soli residenti, come il centro storico. Molti sono i parcheggi distribuiti in città, più o meno grandi. Chiedete alla struttura ricettiva che vi accoglie la soluzione più vicina ed eventuali convenzioni. Vi segnalo i Quick parking, oppure il parcheggio in stazione ma attenzione alle tariffe! Talvolta conviene prenotare in anticipo ed usufruire degli sconti giornalieri. 

Qualsiasi modo scegliate per arrivare e muovervi in città, godetevi il tempo a disposizione, preparate gli occhi perché ovunque, sopra e sotto terra, Napoli saprà offrirvi punti di vista sorprendenti semplicemente alzando lo sguardo. 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Napoli e quella strana voglia di tornarci

Avrete voglia di tornare, non c’è nulla da fare: Napoli è grande e c’è tanto, troppo da vedere! Il weekend “mordi e fuggi” che avete appena trascorso, vi farà venir voglia di tornare…e ritornare!

Per scoprire e vivere a pieno le meraviglie di questa città, sono certa, tornerete e sosterete più volte, perchè i luoghi da vedere, le esperienze da fare e le storie da ascoltare sono infinite, una più bella dell’altra.

Non fatevi accarezzare dal pensiero di  “questo lo posso trascurare”, ve ne pentireste.

Napoli è la città delle leggende, dei miti, delle tradizioni e dell’arte che si cela sopra e sotto i vostri piedi!

Qui, tutti troveranno la loro “dimensione”: dagli amanti della cultura a chi preferisce i tour gastronomici, a chi ama fare lunghe passeggiate.

Se siete tra i fortunati che possono concedersi di soggiornare per più di qualche giorno, avventuratevi nella provincia per viaggiare nel tempo e scoprire regge, città perdute e ritrovate, tuffarvi in un mare cristallino, arrampicarvi per ‘Sentieri divini’, ascoltando le storie di come uomini, natura e tempo abbiano plasmato queste zone.

C’è tanto rumore a Napoli, ma anche quiete se saprete cercarla.

Ci sono tanti giovani che con coraggio e professionalità hanno contribuito a riscoprire realtà dimenticate:

andate oltre gli stereotipi del ‘Sole, pizza e mandolino’ (in realtà troverete anche questo: il sole è una costante, la musica la sentirete ovunque per le strade e sui balconi e la pizza, superfluo a dirsi, a tavola o a portafoglio, la dovete mangiare per forza).

Se avete poco tempo, passeggiate, perdetevi nei vicoli, affidatevi al popolo che sarà felice di aiutarvi con fantasiose indicazioni e suggerimenti e non vi spaventate se i napoletani alzano la voce o cominciano a gesticolare, fa parte della loro coloratissima cultura!

Aguzzate la vista, scorgerete cestini con libri usati e pasta da cui poter attingere per necessità, caffè sospesi nei bar offerti da estranei a futuri avventori economicamente meno fortunati, cornetti rossi contro il malocchio rigorosamente da regalare e numeri del lotto scaturiti dai sogni più recenti.

È difficile, se non impossibile, quindi potervi dire quanti giorni siano necessari per scoprire questa città: tutto dipende da voi e dal fatto che vogliate limitarvi a scoprirne solo il cuore o vogliate visitare la Campania e le splendide isole che le appartengono!

Sappiate che Napoli è sempre una buona idea, perchè in ogni stagione avrà da offrirvi molto più di quanto vi aspettiate!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *